Andando in macchina nelle ore centrali di una bella ma calda giornata estiva, ti può capitare di osservare quelli che a prima vista sembrerebbero dei veri e propri laghetti d’acqua sulla strada in prossimità dell’orizzonte; mano a mano che ci avviciniamo a queste “pozze” però esse spariscono con gradualità, fino a farti finalmente capire che effettivamente esse non esistono.

Che cos’è successo? Sei di fronte ai primi sintomi di un colpo di calore? No, hai semplicemente osservato un vero e proprio miraggio, che si genera attraverso lo stesso meccanismo che dà vita ai più tipici miraggi dei deserti africani. Tutto dipende dal fatto che l’asfalto (e così anche la sabbia) è un materiale ad elevatissima capacità termica; questa caratteristica fa sì che esso, sotto l’azione del sole, si scaldi molto rapidamente, creando un sottile strato di aria rovente appena al di sopra del suolo.

A seconda della temperatura l’aria assume un coefficiente di rifrazione diverso, e di conseguenza la diffusione della luce avviene con modalità differenti; addirittura in caso di asfalto surriscaldato, andando dall’alto verso il basso, l’indice di rifrazione della luce, invece che salire con estrema lentezza, tende a scendere molto rapidamente. In poche parole la luce emessa da un qualsiasi oggetto, invece di percorrere una linea retta, arriva al nostro occhio seguendo una curva più ampia.

Questo cosa provoca? Le immagini che vedi normalmente al di sopra dell’orizzonte (paesaggi, macchine, ecc.) vengono riflesse (e rovesciate) anche sull’asfalto, dandoci la sensazione della presenza al suolo di altri oggetti, posti in posizione curiosa all’interno dei fantomatici ma inesistenti “laghetti”. Quando ti avvicini con la macchina ai miraggi, essi stessi tendono a sparire perché la differenza di indice di rifrazione fra lo strato d’aria arroventato e quello soprastante non ti appare più così netta, o semplicemente perché al tuo occhio arriva il riflesso dell’asfalto stesso, e noti solo una debole “fibrillazione” (illusoria) del suolo.

La città di Phoenix, in Arizona, Stati Uniti, in questi giorni sta vivendo temperature che raggiungono anche i 49° costanti. 
Da qualche anno sta testando una soluzione al problema del surriscaldamento del manto stradale durante l’estate, ricoprendo le vie di alcuni quartieri della città con una soluzione a base di asfalto, acqua, polimeri, materiale riciclato e sapone, che schiarisca il manto e lo renda più riflettente.
I risultati del progetto promettono bene, ma rivelano qualche neo: il composto, prodotto sembra effettivamente ridurre le temperature del manto stradale, ma non quelle dell’aria. 

Una volta applicato, il prodotto riflette gran parte della luce solare, assorbendo così meno calore. In questo modo le temperature superficiali della pavimentazione diminuiscono di 5-6 °C rispetto all’asfalto tradizionale a mezzogiorno e nel pomeriggio, e di poco più di 1 °C all’alba. Rimane però quasi invariata la temperatura dell’aria a qualunque ora del giorno e della notte, mentre aumenta da 1 a 5 °C la temperatura percepita dal nostro corpo, a causa del potere riflettente del prodotto stesso.
La sua riflettività sembra inoltre diminuire con il passare del tempo: in dieci mesi è passata dal 33-38% al 19-30%: comunque superiore all’asfalto non trattato, che ha una riflettività del 12%.

Al di là delle specifiche tecniche, è importante parlare della questione economica: quanto costa? Può essere una soluzione applicabile su larga scala? Un report dello scorso settembre non fa alcun riferimento ai costi, ma sosteneva che una diminuzione della temperatura dell’aria di appena 0,5 °C durante l’estate avrebbe potuto far risparmiare 15 milioni di dollari di aria condizionata ai residenti della zona. Peccato che, come abbiamo visto, la temperatura dell’aria rimanga invariata.
Un altro aspetto da considerare è la resistenza: esistono infatti già altri prodotti che ricoprono l’asfalto rendendolo più chiaro, ma devono essere riapplicati ogni due-tre anni, e l’asfalto di base dev’essere liscio (richiedono dunque un doppio mantenimento: dell’asfalto, e del colore). Il Ministero dei Trasporti di Phoenix si è limitato a sottolineare che il prodotto dovrà ancora essere messo alla prova per assicurarsi che «resista a 300 giorni di sole l’anno, piogge monsoniche, alte temperature e traffico quotidiano».

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